Era aperto al dialogo con tutti, e soprattutto – per quell’attitudine curiosa che caratterizza sempre i veri studiosi – con gli ambienti a lui lontani: di qui il confronto con un intellettuale come Alain de Benoist (il cui frutto è stato il libro del 2006 Il paradosso Alain de Benoist, Settimo Sigillo) e di qui anche l’accusa di “rossobrunismo” lanciatagli dai “compagni” che lo hanno visto pian piano distanziarsi dal materialismo dialettico di Marx. Preve era studioso non solo di Marx ma anche della filosofia della Grecia classica, di Spinoza, di Fichte, di Hegel e di Lukács.
Il percorso seguito da Preve – spiega Edoardo Zarelli, altro intellettuale anticonformista convinto, come Preve, che destra e sinistra siano categorie da superare – parte da Marx e giunge al comunitarismo, contesto fondativo di un nuovo umanesimo. Libero dall’osservanza dei dogmi delle varie chiese ideologiche, Preve riteneva che non ci fosse più bisogno dell’antifascismo (criticava il fanatismo di chi considera il fascismo una sostanza ontologica “diabolica”) e si è sempre sottratto al gioco degli opposti estremismi, collaborando con tutti coloro che gli offrivano spazio per diffondere le sue idee sulla geopolitica, sulla filosofia, sulla metapolitica. Un cammino che lo ha portato ad essere vicino al pensiero euroasiatista e a criticare l’euro predicando la necessità di recuperare le sovranità nazionali. La sua libera ricerca, trasversale e priva di pregiudizi, gli ha procurato l’ostilità dell’ambiente di provenienza. L’impossibilità di definirlo, infine, ha fatto sì che venisse ignorato dal mainstream mediatico. L’ultimo suo libro – ne ha scritti oltre quaranta – è Una nuova storia alternativa della filosofia (Petit Plaisance, Pistoia) al cui centro c’è l’uomo come “animale politico” la cui identità va ricostruita per superare l’alienazione economicista.
il Secolo d'Italia
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