venerdì 27 dicembre 2013

«Oggi la peccaminosità è compiuta e forse ci sono le precondizioni sociali perché una nuova forma di coscienza possa nascere. Io non la vedrò sicuramente, ma è molto possibile che le persone che hanno oggi venti o trent’anni non soltanto la vedano, ma ne siano anche protagonisti!» 
 (Costanzo Preve, 1943-2013)

L’eredità di Preve. Note filosofico-politiche 

ad un mese dalla sua morte 

 

I Compagni di Comunismo e Comunità

Un mese fa, il 23 Novembre, Costanzo Preve ci ha lasciati.
Il laboratorio politico-culturale Comunismo e Comunità rimane orfano di quello che a tutti gli effetti possiamo definire come un padre culturale, un riferimento costante, un compagno di strada e un Filosofo di alta levatura e dalle geniali intuizioni, con cui ogni confronto era indirizzato alla ricerca della verità. Insieme abbiamo percorso un cammino comune che per molti affonda le sue radici ormai 12-13 anni fa. Preve è stato fino alla fine elemento attivo nell’opera di elaborazione del laboratorio culturale e ad esso, pur con le contingenti differenze, sentiva di appartenere.
Non tutti lo abbiamo conosciuto nello stesso momento storico, non tutti con la stessa intensità e con lo stesso rapporto personale, ma tutti quanti possiamo dire con certezza di averne tratto lezioni fondamentali per la formazione di ciascuno di noi.
Preve credeva fermamente nella necessità di riaffermare con vigore un’alternativa profonda alla società capitalistica contrapponendosi sia alle teorie del disincanto e della fine della storia sia alle elaborazioni consolatorie ed autoassolutorie in merito al fallimento storico dell’esperienza dei socialismi reali. L’allontanamento di Preve dagli ambienti culturali della sinistra radicale (ambiente in cui era nato e cresciuto) è avvenuto a partire dagli anni ’90 per una doppia e insanabile contrapposizione. Da un lato una contrapposizione filosofica nei confronti dell’ortodossia marxista in tutte le sue varianti per via delle ricadute nichilistiche, relativistiche e meccanicistiche delle sue espressioni più rigide. Da un altro lato una contrapposizione radicale filosofica e culturale nei confronti dell’ambiente genericamente definibile come “sinistra”, contrapposizione maturata per via dell’allontanamento sempre più flagrante negli ultimi 30 anni di tale ambiente dalle sue ragioni e idealità originarie. Preve sosteneva che la sinistra in quanto tale aveva cessato di esistere come soggetto portatore di una critica radicale del capitalismo nel momento di rottura della vecchia società borghese arcaica e conservatrice. Lo spartiacque storico sarebbe quindi stato il 1968, inquadrato, nei suoi termini simbolici, come momento di transizione da un capitalismo conservatore ad un capitalismo integralmente liberalizzato.
A seguito di tali rotture filosofiche e culturali e proprio in virtù di queste, Costanzo Preve aveva radicalizzato negli ultimi anni il suo anticapitalismo e la sua critica profonda della società contemporanea.
Interprete originale del pensiero di Marx, Preve ne ha enfatizzato nella sua opera, gli elementi di continuità con il pensiero greco e con l’idealismo classico tedesco rintracciando più in generale nella storia della filosofia occidentale un filone di lungo periodo (una tradizione di lunga durata) caratterizzato dalla ricerca di pratiche di ricomposizione comunitaria a fronte del disfacimento individualistico e crematistico del mondo.
Del resto, tutta la ricostruzione della storia della filosofia occidentale ha trovato in Preve elementi di forte peculiarità. Due sono, in particolare, i tratti essenziali di tale approccio.
In primo luogo Preve ha utilizzato, in continuità con le intuizioni di Lukacs e dunque nell’alveo di un marxismo non economicistico (dove tuttavia permane la preminenza logica degli elementi strutturali su quelli sovrastrutturali), il metodo della deduzione sociale delle categorie del pensiero. In contrapposizione agli approcci manualistici di storia della filosofia che inquadrano le diverse teorie filosofiche come frutto casuale di intuizioni personali (nate dallo stupore per il mondo), la deduzione sociale delle categorie del pensiero interpreta il pensiero filosofico come risposta ai caratteri fondamentali delle società (non solo quelli puramente economici) in cui si sviluppa e nasce. Tale genesi schiettamente sociale e storica non conduce in alcun modo alla negazione dell’esistenza della verità in senso universale (che infatti Costanzo affermava con convinzione).
In secondo luogo, Preve reimposta il pensiero filosofico occidentale nella sua evoluzione storica lungo una dicotomia peculiare, contrapposta tanto agli approcci dominanti della “filosofia come atto puramente individuale destoricizzato”, quanto alla lettura marxista ricorrente che retrodata all’intera filosofia occidentale le categorie di idealismo e materialismo.
Secondo Preve esiste, invece, nel lungo cammino intercorrente tra il pensiero filosofico greco e quello contemporaneo, una filosofia della dissoluzione sociale contrapposta ad una filosofia della ricomposizione sociale e comunitaria, riflessi di vere e proprie impostazioni e pratiche politiche (il legislatore Solone, ad esempio, inteso come filosofo per eccellenza della ricomposizione comunitaria). Le filosofie ricompositive, in contrapposizione con l’individualismo de-socializzato delle filosofie dissolutive, avrebbero come base genetica la necessità umana di riordinare e riumanizzare contesti sociali disintegrati dallo scatenamento delle forze del denaro e della disuguaglianza. Ed è in questa lunga tradizione filosofica che va da Platone e Aristotele, passa per la filosofia medioevale e si estende fino all’idealismo classico tedesco, che si colloca, secondo Preve, l’essenza del pensiero di Marx.
Al netto della sua polemica anti-idealistica e anti-filosofica (figlia del positivismo e delle sue degenerazioni scientiste), Marx sarebbe a tutti gli effetti un filosofo della ricomposizione comunitaria inserito in una tradizione anti-crematistica e “comunistica” di lungo periodo.
E proprio qui, il Preve storico della filosofia, si lega indissolubilmente al Preve filosofo che afferma l’esistenza della verità.
In decisa e intrasigente contrapposizione ad ogni forma di relativismo e di pensiero debole, Preve credeva che la filosofia fosse la pratica della continua ricerca della verità. L’uomo, i suoi bisogni e le sue necessità realizzative, hanno per Preve un carattere conoscibile ed universale e dunque è possibile affermare che l’uomo possiede una propria natura specifica, una sua ontologia che travalica i dati puramente biologici.
Il tentennamento del pensiero di Marx su questo punto, seppur giustificato dalla necessità di polemizzare con i tentativi della filosofia borghese di imporre un concetto proprietario di natura umana, secondo Preve, avrebbe lasciato spazio a ricadute relativistiche e nichilistiche, ben espresse ad esempio dallo storicismo assoluto.
Cogliendo invece il carattere di lungo periodo del pensiero di Marx, inserito nella lunga tradizione filosofica della ricomposizione sociale e comunitaria, Preve fissa l’elemento che deve fungere da base comune di tutta la filosofia anti-crematistica: l’affermazione di una natura umana sociale e politica, potenzialmente solidale (seppur in modo dialettico e complesso) come dato ontologico stabile, immodificabile e non relativizzabile.
Così facendo, Costanzo ha posto il suo stesso pensiero entro la tradizione di lungo periodo della ricomposizione comunitaria.
La sua è una filosofia della verità. E’ una filosofia del solidarismo sociale come dato imprescindibile di realizzazione della natura umana in tutta la sua completezza. E’ una filosofia umanistica, radicalmente anti-crematistica (e dunque anticapitalistica) e necessariamente polemica con il proprio tempo.
Un’impostazione che ha trovato nella vita di Costanzo una chiarissima traduzione politica che lo ha portato a schierarsi sempre a favore di una società radicalmente diversa da quella attuale (così intrisa di nichilismo, anomia, ingiustizia e derealizzazione dell’uomo). E che lo ha portato a collocarsi sempre dalla parte dei subalterni, degli aggrediti e degli ultimi senza mai cadere tuttavia, forte della propria capacità di discernimento, in pauperismi sociologici o in pseudo-universalismi (mascherati magari da internazionalismo) che hanno portato tanti ad abbracciare universalismi deboli e pericolosi quali i diritti umani globalizzati o i diritti a priori  del popolo o delle masse contro i governi o i dittatori di turno.
Una difesa degli oppressi e delle ragioni di fondo di una società fortemente solidaristica (comunismo, socialismo), quella di Preve, fortificata quindi da un’intelligenza politica e da una lucida analisi sociologica e geopolitica.
Oggi, ad un mese dalla morte del nostro amico, ci sentiamo di ricordarlo così, riaffermando l’essenziale del messaggio filosofico e, quindi, politico da lui lasciato e da tanti ereditato.
Ogni altra considerazione sulle sue scelte filosofiche specifiche e sulle sue posizioni politiche contingenti sarebbe inessenziale e richiederebbe un più lungo confronto che con il tempo avremo modo, ciascuno con le proprie argomentazioni, di fare. Con Preve, infatti, specie nei tempi più recenti, in diversi casi capitava di non trovarsi pienamente d’accordo su alcune posizioni politiche e con alcune scelte di metodo. Le ragioni del disaccordo spesso andavano ricercate nella sua vena polemica (a volte fino all’estremo) che rasentava il gusto della contraddizione e dello stupore dell’interlocutore. In altri casi andavano invece rintracciate nell’impropria radicalizzazione pratica di alcuni spunti teorici di fondo corretti e pienamente condivisibili. Tale lato caratteriale, con i suoi inevitabili risvolti politici, è stato senza dubbio enfatizzato dall’isolamento di Costanzo come pensatore nel panorama dei filosofi marxisti. Come riportato di recente in un ricordo scritto da Sergio Cararo della rete dei comunisti (che abbiamo avuto piacere a leggere) la colpa di tale isolamento è stata anche di chi avrebbe potuto e dovuto, senza rinchiudersi nella gabbia, prestare ascolto ai numerosi aspetti di critica radicale della sinistra sollevati da Preve, prendendoli non come elementi di deviazione da un’ortodossia di costume, ma come spunti serissimi e costruttivi di cambiamento.
Al netto di tutto questo, Costanzo Preve ha tracciato una strada fecondissima, che difficilmente potrà essere ignorata da chiunque abbia realmente a cuore le sorti di questa disastrata umanità in tempi così cupi e apparentemente così poveri di speranze di cambiamento.

La strada è aperta, il cammino da percorrere è lungo.

Emiliano Rizzo

Anch’io, insieme a tanti altri, piango la scomparsa di Costanzo Preve, un grande filosofo mai sceso a patti con nessuno. Da semplice appassionato di filosofia, Preve mi ha insegnato, anche grazie alla parziale lettura del suo ultimo libro Una nuova storia alternativa della filosofia, che le idee filosofiche non sono un’accozzaglia contrapposte di idee che vertono una contro l’altra, ma che esiste in realtà, anche se non sempre chiaro e subito individuabile, un filo conduttore che unisce tutti i filosofi – da Socrate a Gentile – nella ricerca comune della verità.
Ho conosciuto Preve grazie ai video postati su YouTube da Diego Fusaro. Alcuni di essi sono già stati postati da me in questo blog, così come alcuni articoli, come per esempio la difesa di Benedetto XVI contro l’attacco gratuito e rozzo da parte di Umberto Eco. Adesso ci sono rimasti i mastini apologeti del disastro economico, morale e sociale in cui quasi tutti viviamo, per lo meno in Italia.
Di Preve, per fortuna, ci restano le opere e i video.
Ci mancherai.
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Costanzo Preve è andato avanti… Nato a Valenza (Alessandria) il 14 aprile 1943 è morto, all’età di settant’anni, questa mattina (23 novembre 2013) a Torino. Costanzo Preve, è stato uno dei massimi conoscitori del pensiero di Karl Marx e dell’intera tradizione marxista, a cui ha recato un contributo critico notevole attraverso una mole imponente di scritti…
Particolarmente importanti -secondo me- furono due battaglie portate avanti dal filosofo, la prima contro l’asservimento della politica alla grande finanza bancaria e l’altro a favore della libertà di ricerca storica inerentemente gli avvenimenti dell’Olocausto, ovvero la persecuzione nazista contro gli ebrei. Ma per questo Costanzo Preve veniva addirittura accusato di “cripto-nazismo” e di “antisemitismo”.
Scrive Fernando Rossi: “A troppe persone, anche tra i miei amici politici, sfugge l’importanza del lavoro fatto da Preve per leggere la società di oggi, per ridefinire una filosofia della storia, per superare la gabbia della classe mettendo le basi COMUNITARISTE per la liberazione dalla oppressione della grande finanza…”
Riporto qui di seguito un articolo di Preve da noi pubblicato nel 2009 nel blog Altra Calcata… altro mondo
 

venerdì 20 dicembre 2013

Addio Costanzo!
                                                       
 
 
 Carlo Felici

Premetto che questo non vuole essere un necrologio, ma solo il ricordo di una persona a me cara che avevo sentito varie volte per telefono, in particolare, durante la sua malattia.
Costanzo, è bene specificarlo subito, era un compagno e come tale andrà ricordato, sia che si condividano le sue riflessioni filosofiche sia che non le si apprezzino.
Era stato tacciato da certa sinistra, teoricamente radicale ma concretamente molto satellitare, di rossobrunismo, una non ben chiara definizione di qualcosa o qualcuno che non sta né a destra e nemmeno a sinistra, pur stando da entrambe le parti, almeno nella fantasia sconfinatamente discriminatoria e demonizzante di certuni.

Costanzo invece era semplicemente un “compagno sveglio”, formatosi in maniera filosoficamente impeccabile e da ricordarsi in particolare per i suoi 35 anni dedicati alla paideia filosofica, di conseguenza, oggi, con lui, muore uno degli ultimi uomini liberi, fino a che questo termine potrà avere significato, specialmente quando non ci si piega al pensiero unico globalmente dominante, che è quello sempre più servile a cui gli intellettuali, specialmente accademici, si sono prostituiti. Non cercava glorie Costanzo Preve, anche se, dopo avere scritto quello che, secondo il mio modesto parere, resta il suo libro più bello e anche più divertente (un libro di filosofia che diverte, oltre a far pensare, è più unico che raro), per la vena corrosiva del suo pensiero: “Una nuova storia alternativa della filosofia”, rimase un po' male per lo scarso successo di critica ed editoriale che esso stava avendo, ma trascurando forse che i migliori libri, spesso e volentieri, sono quelli che solo un mondo migliore (che sa pensare soprattutto in maniera migliore) riesce apprezzare.
Quando gli feci notare che c'era qualche refuso da correggere mi disse che, in realtà, aveva fatto tutto da solo, come sempre, perché nessuno lo aveva mai aiutato anche solo a correggere certe bozze, ci rimasi molto male e gli offrii pure la mia collaborazione, ma ero arrivato troppo tardi.
Una delle cose più belle che mi avevano colpito dei suoi libri e che gli feci notare, è il fatto che non sono appesantiti da note, e lui mi rispose che quello era il suo stile, discorsivo, graffiante, ironico, meditativo, di quelli che, aggiungo io, hanno il pregio dell'immediatezza e della autenticità.
Sarei tentato di fare ogni tanto qualche citazione filosofica, parlando di lui, e sicuramente di inquadrarlo tra altri grandi filosofi del suo tempo, ma me ne astengo oggi, anzi, me ne trattengo vigorosamente. Perché questo è il momento in cui il dolore prevale sulla filologia, sull'ermeneutica e sulla stessa storia.
Magari altri lo faranno, se non vorranno invece sentire direttamente dalla sua voce la sua storia e le sue riflessioni, come ormai in molti stiamo facendo da tempo, soprattutto grazie ai video mandati in rete da Diego Fusaro e destinati a diventare preziosi documenti storici, o forse magari sarà Diego stesso a scrivere un libro sul “Compagno Costanzo”, dato che lui a chiamarsi così non aveva mai rinunciato, pur in assenza di compagni veri. Tenendo conto che un compagno vero resta sempre quello che si afferma e condivide "il pane" delle sue idee e della sua prassi, non tanto per contrapposizione, ma soprattutto per persuasione e capacità di coinvolgere e testimoniare.  Quando gli chiesi se ci fosse una nuova contrapposizione da sostituire alla vecchia dicotomia: destra-sinistra, lui mi rispose che sì, che oggi essa è rappresentata dalla opposizione al capitalismo e alla riduzione alla forma merce dell'essere umano e della natura. Allora replicai che, in fondo, questa non era una nuova contrapposizione, ma sempre l'antico Aut-Aut tra Socialismo e barbarie, magari oggi, aggiornato in Ecosocialismo o barbarie, dato che il Socialismo del XXI secolo riscopre il suo métron, proprio nel confronto con la limitatezza delle risorse naturali; lo sentii sorridere e rispondermi..."sì, è proprio così, compagno".
Magari di lui si parlerà più dettagliatamente nei convegni che saranno organizzati in futuro, ma adesso no, è meglio il silenzio, è meglio il ricordo dell'affetto provato quando lui diceva: “E sai, pensa che qualcuno mi considera addirittura il più grande filosofo vivente, io che ho sempre cercato di essere solo filosofo, ma non ho mai cercato la grandezza, anche se certe volte fa piacere” Per forza, caro Costanzo, è sempre la grandezza che trova te, non accade mai il contrario, un po' come succede anche con Dio, ovviamente per chi ci crede.
E la grandezza non ha colore, rosso o bruno che sia, né direzione, a destra o a sinistra che si voglia guidare. La grandezza è solo una espansione ed attuazione comunitaria, condivisa fino all'universale di un pensiero, del “tuo” pensiero.
Per cui invitiamo caldamente chi vorrà parlare di Costanzo, che lo apprezzi o no, ad evitare di menzionare colori o direzioni, limitandosi solo a nomi o a concetti.
L'ultima volta che l'ho sentito era come se fosse già molto lontano, gli chiesi una quindicina di giorni fa se poteva ancora scrivere e lui mi rispose senza rammarico ma in maniera secca di no, che aveva ancora la possibilità di rilasciare qualche intervista, ma era già , rispetto alle altre volte in cui ci avevo parlato, come se fosse altrove, interiormente sereno, forte, eppure avvertii anche profondamente distaccato, forse con l'animo già in viaggio..
Per ora non mi riesce di dire altro, dato che la commozione prevale, ma sono contento almeno di non avere appesantito questo mio ricordo con le solite storie retrospettive e comparative che affollano i necrologi. Magari mi esprimerò meglio in seguito..chissà..forse più "filosoficamente"..
Adesso riesco solo a ricordare l'ultima frase del suo ultimo libro:
“L'andare oltre toccherà ad ogni singolo lettore”
Un monito ed una esortazione che vive dentro di noi, ben più di una eredità.
 
PS
Costanzo non usava mai il web, era già fuori dalla caverna globale, fuori dalle ombre telematiche, ma non disdegnava di mandare qualcuno al suo posto per indicare la via d'uscita. Non lo ha fatto personalmente, ed è stato un bene, altrimenti, con ogni probabilità e con la sua sensibilità, ci avrebbe lasciato anche un po' prima..
Ciao Costanzo


Mario Luporini

Apprendo in questo istante (18:40 di Mercoledì 18 Dicembre) che Costanzo ci ha lasciati. Saltellando fra Italia e Germania la tristissima notizia non mi ha raggiunto prima. La lettura delle tre opere della ‘trilogia’ scritta a ridosso della caduta del Muro (Il Convitato di Pietra, L’Assalto al Cielo ed Il Pianeta Rosso) e quindi una piacevolissima nonché profonda chiacchierata che ebbi, quasi per caso, con lui a Firenze nel vicino-lontano 1993 mi hanno aiutato ad accettare e comprendere il collasso del Comunismo Novecentesco ed a scorgere il barlume della luce in fondo al tunnel del postcomunismo. Costanzo, a bordo della sua scialuppa, magistralmente pilotata nelle acque insidiose ed ingannevoli del ‘dopomuro’, mi ha aiutato a dare un senso a questi anni difficili e complessi e a non perdere mai di vista il…filo rosso che appare, scompare e riappare nel corso della storia. Buon viaggio e grazie infinite. 

mercoledì 18 dicembre 2013


OMAGGIO A COSTANZO PREVE 
 
 
 
 
Dalle edizioni ASTREE (Parigi)

Improvvisamente il filosofo italiano Costanzo Preve è mancato nella notte  
del 22 al 23 novembre, proprio mentre il suo libro « La Quarta Guerra  
mondiale » era appena pubblicato in Francia. La sua scomparsa  ci toglie  
non solo un pensatore d’eccezione, chi nelle sue ultime opere  
magistralmente applico alla postmodernità la grigla dell’analisi marxista,  
riesaminata alla stregua della tradizione filosofica europea; ma anche un  
grande umanista, massime a chi l’aveva conosciuto e frequentato. Ci  
rallegriamo di contribuire, seanche modestamente, a diffondere il suo  
pensiero nel nostro paese. Questa notizia dolorosa pero ci è un stimolo a  
raddopiare le nostre premure in questo senso. Ormai è venuto il tempo di  
addentrarsi nell'opera ingente che ci ha legata Costanzo Preve.

              Serge Gadal et Ekaterina Chtetcherbakova

martedì 17 dicembre 2013




Giovanni Donaudi

"Ho accolto con smarrimento la notizia della scomparsa di COSTANZO PREVE, filosofo neo-marxista ed esponente di un modo di pensare molto isolato e al di fuori di schemi e dicotomie ormai superate.
Era nato a Valenza Po in provincia di Alessandria nel 1943, aveva perciò da poco compiuto i 70 anni. Purtroppo non avevo mai avuto occasione di andarlo a trovare per discutere di persona (cosa che ci eravamo tante volte ripromessi reciprocamente), ma ci eravamo spesso incontrati in diverse conferenze e dibattiti (la prima volta nel '95 al C.S.A. "Isabella" di Torino, quando ancora in tale area non si era giunti ancora al demenziale settarismo da "ecce bombi" di questi ultimi anni).
Avevo letto suoi interventi su "La Lente di Marx" (la bella rivista di Claudio Moffa) che gli costarono la gratuita accusa di "antisemitismo" da parte della "Torino perbenista/azionista/ agnellesca/savoiarda" più che "marxista").
Costanzo non rinnegò mai il Marxismo (anche se di esso dava un'interpretazione più idealistico-hegeliana che non rozzamente materialistica), ma voleva confrontarsi un po' con tutte le "campane" e ciò lo portò a incontrarsi con intellettuali provenienti dalla c.d. "nuova destra" e a collaborare (pur mantenendo intatta la sua posizione ideologica) con alcune delle loro riviste.
Nulla di nuovo, in fondo. Massimo Cacciari, ex sindaco di Venezia ed ex militante di Potere Operaio, lo aveva già fatto nel 1982 e dieci anni dopo era stato il caso di Alexander Langer dei Verdi (purtroppo morto suicida qualche anno dopo).
E' stata una grave perdita per chi vuole veramente contestare il capitalismo finanziario attuale (non più espressione della classe borghese storica, ma più concretamente "post- borghese & post- proletario").
C'era un' affluenza molto eterodossa al suo funerale, nella chiesa della Crocetta a Torino (Costanzo non era credente, ma con una strana operazione intellettuale, pur senza convertirsi, aveva chiesto il funerale religioso greco- ortodosso (la religione che era stata di sua madre), cosa che non si è potuta attuare, in quanto non era stato battezzato in quella chiesa), da intellettuali provenienti dalla destra a filo- mussulmani italiani, da comunitaristi ai vecchi compagni di Democrazia Proletaria (partito in cui Preve era stato per breve tempo nel Direttorio Nazionale con Luigi Vinci e Giovanni Russo Spena, prima che, l'opportunismo italiota di Mario Capanna mettesse in scena l' emerita pagliacciata dei "Verdi Arcobaleno" , col risultato di spaccare un partito gauchista che avrebbe costituito una reale alternativa al $i$tema), dal pacifista e non-violento integrale (ma pacifista vero! anche quando si tratta di guerre "umanitarie") ed ex prete Enrico Peyretti agli anarchici Cosimo Scarinzi (unico della F.A.I. di corso Palermo ad essere presente) e il nostro amico e collaboratore casalese Pier Luigi Verrua.
Alla Famiglia Preve i nostri più sinceri messaggi di cordoglio e di solidarietà." 
 

lunedì 16 dicembre 2013

In morte di Costanzo Preve.



ARMANDO ERMINI

(14 aprile 1943 — 23 novembre 2013).
Dopo Pietro Barcellona è scomparso Costanzo Preve, un altro dei rari eretici di sinistra. Rari perché pensanti e indisponibili ad appiattirsi sui desolanti luoghi comuni che infestano quell’area politica che, nell’ansia di essere l’autentica interprete della modernità, ha finito per far propri schemi di pensiero e concetti interamente funzionali, perché da esso sgorgati in piena coerenza logica, all’antico nemico di un tempo, il Capitale. Costanzo Preve, grande estimatore di Hegel, si definiva comunista comunitarista, e credo che proprio la riscoperta da sinistra del concetto di comunità, abbandonato da tempo perché n odore di oscurantismo reazionario, sia stato un suo grande merito. Non è questa la sede per analizzare, anche criticamente per certi aspetti, il suo pensiero. Credo che Il Covile avrà modo e tempo di farlo in un prossimo futuro. In questa sede mi limito a sottolineare una cosa che lo accomunava fortemente a Barcellona. Atei e marxisti, avevano però entrambi compreso che la distruzione scientificamente attuata di ogni struttura sociale e culturale tradizionale e di ogni idea di trascendenza, non era affatto il presupposto necessario, come invece pensava Karl Marx, per l’avvento di una società di uomini liberi. Al contrario, erano proprio quei variopinti legami personali, così definiti da Marx nei Grundrisse, e quelle sovrastrutture culturali e religiose atte a mascherare l’essenza dei rapporti umani la cui distruzione era da lui ascritta a merito oggettivo della borghesia, a contenere, sia pure depurati e corretti da alcuni aspetti tendenzialmente totalizzanti, le potenzialità di una società nella quale la libertà dell’individuo non degradi rapidamente in individualismo egotico. Individualismo a cui, sul lato pubblico, corrisponde necessariamente e logicamente lo Stato leviatano, impersonale macchina burocratica e totalitaria (oltre la foglia di fico di procedure formalmente democratiche) che, pretendendo di sostituirsi alle forme spontanee di aggregazione dei cittadini ed alle loro iniziative, finisce per soffocare la società civile. Come una cura sbagliata o eccessiva finisce per uccidere il paziente, così il risultato di tale distruzione e il degrado dei rapporti umani e la loro mercificazione totale dissimulata da parole altisonanti come i “diritti umani” etc. Per questo, tanto per Preve quanto per Barcellona, il Sacro e l’atteggiamento religioso, e quindi anche la loro espressione per cosi dire istituzionale, ossia la Chiesa (o le Chiese), non sono nemici del popolo e della sua libertà ma possono al contrario esserne preziosi alleati. Tanto è bastato ai progressisti politically correct dominanti nelle strutture culturali, a decretare una pluridecennale conventio ad excludendum per il filosofo torinese, con ciò dimostrando la subalternità del loro pensiero.


il Covile

venerdì 13 dicembre 2013

HOMMAGE A COSTANZO PREVE

 

 Yves Branca   


Les funérailles de Costanzo Preve ont été célébrées le jeudi 28 novembre, à 10 heures, dans l’église paroissiale de la Bienheureuse Vierge des Grâces de Turin, Corso Einaudi, selon le rite orthodoxe grec, comme il l’avait demandé.

Le 30 novembre, Eugenio Orso m’a écrit :

« C’est une perte irrémédiable pour le monde de l’anticapitalisme, de l’éthique communautaire, et pour le monde de la philosophie, et non seulement de la philosophie sociale.
J’ai une dette inépuisable à son égard, et dont je ne pourrai jamais m’acquitter, pour tout ce que Costanzo m’a enseigné dans les années où je l’ai connu. A lui s’applique ce qu’a dit Bernard de Chartres, au XIIe siècle :
 « ….nos esse quasi nanos, gigantium humeris insidentes, ut possimus plura eis et remotiora videre, non utique proprii visus acumine, aut eminentia corporis, sed quia in altum subvenimur et extollimur magnitudine gigantea. » (…que nous sommes comme des nains juchés sur les épaules de géants |[les Anciens], de telle sorte que nous puissions voir plus de choses et de plus éloignées que n’en voyaient ces derniers. Et cela, non point parce que notre vue serait puissante ou notre taille avantageuse, mais parce que nous sommes portés et exhaussés par la haute stature de ces géants.)
Les quelques-uns qui comme nous, en Italie, ont eu le privilège d’avoir un tel Maître, d’avoir joui du trésor inestimable de ses enseignements, savent bien comme, juché sur les épaules des géants, on peut regarder plus avant, et apercevoir dans les lointains des temps nouveaux, et une nouvelle société humaine. ….. »
Pendant une trop courte semaine d’avril 2010, j’ai eu l’honneur d’être en quelque sorte la canne de Costanzo Preve à Paris, lors de son dernier voyage en ce monde. Je dis « sa canne », tout simplement parce qu’il ne pouvait déjà presque plus marcher sans aide.
Nous avions déjà correspondu par lettres, et je l’avais traduit ; j’ai continué, mais après cette semaine de 2010, et jusqu’à la fin, nous nous appelions au téléphone, en moyenne, deux ou trois fois par mois.
Je peux donc m’associer entièrement et fraternellement à ce que m’a écrit Eugenio Orso. Ses paroles, je me permets de les faire miennes.
Adieu, cher Costanzo .

mercoledì 11 dicembre 2013

    Convegno "La fatica del concetto" su Costanzo Preve
 
 
 
  Piotr Zygulski
 
 A tutti i partecipanti al convegno “La fatica del concetto. Incontro per un dialogo  filosofico”, Università di Bologna, venerdì 6 dicembre 2013
 
 Carissimi compagni e amici, buonasera. Purtroppo mi è impossibile partecipare fisicamente a questo convegno, ma sta molto a cuore portarvi i miei saluti in occasione del primo incontro che si svolge in una Università sul pensiero di quello che è stato forse il più grande filosofo degli ultimi tempi, Costanzo Preve, che purtroppo una decina di giorni fa ci ha lasciato. Ringrazio, in primis,  Filippo Palazzini Finetti, l’entusiasta organizzatore dell’appuntamento, Gennaro Scala, Stefano Sissa, Diego Melegari, Fabrizio Capoccetti e tutti coloro che interverranno. Sapete, oltre ad essere legato con Costanzo Preve dal punto di vista filosofico, lo ero anche dal punto di vista umano ed emotivo, quindi non voglio nascondervi i miei sentimenti di immensa riconoscenza per quest’uomo che, nel mostrarci una prospettiva differente di guardare le cose, ha sempre dedicato a noi tutta la sua passione durevole.
E “passione durevole della filosofia” – mutuato dalla “passione durevole dell’anticapitalismo” di
lucacciana memoria è il titolo saggio che a lui ho dedicato lo scorso anno e che cerca di fornire una sintesi complessiva del suo pensiero. A partire da una  
 
1. Interpretazione sensata della storia del pensiero occidentale, con la deduzione sociale delle categorie del pensiero e con la proposta di nuova ontologia dell’essere sociale che possa difendere il valore e rivendicare l’autonomia della verità filosofica (che si identifica nella natura umana) contro qualsivoglia riduzionismo, relativismo e nichilismo. Tra le varie peculiarità del pensiero previano emerge la figura di Karl Marx inteso come idealista (ossia come filosofo della trasformabilità dell’orizzonte sociale).
 
2.Sulla scia delle riflessioni di Marx, ma anche da quelle di altri filosofi, innanzitutto Hegel, Costanzo Preve giunge ad una analisi critica della totalità capitalistica, specialmente in questa fase individuata filo
soficamente come “fase speculativa”, post-borghese e post-proletaria. Borghesia e capitalismo, infatti, vengono opportunamente distinti. La critica previana si estende a tutti gli aspetti connessi e di legittimazione, dall’imperialismo americano al “clero intellettuale” politicamente corretto, che Costanzo Preve ha saputo sfidare in varie occasioni con coraggio, scontando per questo motivo un notevole isolamento dal dibattito filosofico.  
 
3.Infine evidenzierei  un pars costruens basata sulla prospettiva di un comunismo comunitario, che costituisce una correzione del comunismo non solo democratica, ma innanzitutto umanistica. Il comunismo non è quindi inteso come lo sbocco inevitabile di una storia linearmente e teleologicamente orientata, e neppure è concepito aleatorio come la caduta di un meteorite, ma il comunitarismo è invece idealisticamente considerato come potenziale, in senso aristotelico. Si tratta quindi di pensarlo come potenzialità ontologica conforme all’idea dell’Universale Uomo, quindi anche al Bene e al Vero. Un pensiero così ampio e totale Costanzo Preve era un filosofo totale  è esposto inevitabilmente al rischio di riduzionismi, con letture che lo comprimono o politologicamente, o sociologisticamente, oppure
in modo meramente “filosofico”, ma in senso stretto. Ovviamente i punti di vista sono innumerevoli, tant’è vero che ogni “previano” ha intrapreso una strada che lo differenzia dagli altri; certo è importante analizzare in modo filologicamente accurato anche i singoli dettagli del suo pensiero l’università è forse il luogo più adatto ove fare filologia ma mi associo all’amico Alessandro Volpe nell’invitarvi
 a non perdere di vista la sintesi, che era quella che stava maggiormente a cuore a Costanzo Preve. Detto questo, spero di poter venire presto a Bologna per continuare la discussione. Nel frattempo vi porgo i miei migliori auguri: buon lavoro! 

domenica 8 dicembre 2013


La «passione durevole» per la Filosofia.
Un bilancio politico e filosofico dell’eredità previana.

Guido Bachetti. Laureato in Lettere e Filosofia all’Università di Bologna. Laureando alla magistrale di Scienze Filosofiche nella medesima Università.

Costanzo-Preve 

I.Introduzione
Con la morte di Costanzo Preve perdiamo il più grande filosofo italiano vivente. Questa considerazione principale, per nulla lusinghiera od emotiva ma figlia di un’analisi oggettiva della decennale opera del Professore, deve necessariamente essere il punto di partenza per lo studio di quanto egli ci ha donato come eredità intellettuale. Un lascito enorme che affonda le sue radici nell’interpretazione comunitaria dell’antichità filosofica greca, passando per la grande tradizione idealista tedesca con Fichte, Hegel e Marx.
La notizia della sua dipartita, nonostante fossimo consapevoli che il maestro aveva problemi di salute, ha preso alla sprovvista tutti i suoi affezionati lettori, me compreso. Dopo l’incredulità che generalmente segue le notizie dolorose ed inattese, ho ricordato le parole di Friedrich Nietzsche nell’Aforisma 125 de La gaia Scienza, pensando che fossero assolutamente profetiche e calzanti alla storia intellettuale del filosofo torinese: «[...] A questo punto il folle uomo tacque, e rivolse di nuovo lo sguardo sui suoi ascoltatori: anch’essi tacevano e lo guardavano stupiti. Finalmente gettò a terra la sua lanterna che andò in frantumi e si spense. Vengo troppo presto – proseguí – non è ancora il mio tempo. […] Fulmine e tuono vogliono tempo, il lume delle costellazioni vuole tempo, le azioni vogliono tempo, anche dopo essere state compiute, perché siano vedute e ascoltate»i.
Le azioni vogliono tempo per essere comprese, le idee hanno bisogno del tempo giusto e delle condizioni storiche e sociali adeguate alla loro piena comprensione. Forse, come si dice in genere per i grandi autori del passato, Costanzo Preve ha bisogno ancora di tempo per essere filosoficamente compreso dall’Accademia e soprattutto dagli Intellettuali, il gruppo dominato della classe dominante, come si riferiva ad essi riprendendo una definizione del sociologo francese Bourdieu. Partendo da questa prima considerazione è tristemente comprensibile come la grande produzione del filosofo piemontese sia stata, in tutti questi anni, posta talvolta sotto un silenzio studiato ed essenzialmente ideologico, e talvolta abbandonata all’oblio dell’indifferenza. Costanzo Preve era consapevole di avere un’impalcatura filosofica non vendibile, ideologicamente non cooptabile all’interno di strutture politiche organizzate e gruppi di Potere. Partiti, Giornali, Università assumono intellettuali che hanno un Capitale Culturale da vendere sul Mercato, quando questo «bagaglio» è inutilizzabile, il proprio pensiero «non serve a niente […]. Non serve a Marchionne ma neppure a Landini»ii – come sosteneva ironicamente il Professore. Il suo lungo «pellegrinaggio politico» iniziato tra le file del PCI negli anni Settanta, proseguito in Democrazia Proletaria fino all’abbandono della Politica militante in senso stretto, deve essere letto, a mio avviso, alla luce di questa assoluta libertà intellettuale sempre rivendicata e mai svenduta per logiche estranee all’attività filosofica.
Ad ogni modo tenendo da parte il commiato di rito ed il dolore che sempre si accompagna alla morte di un grande maestro, la dipartita di Costanzo Preve deve servirci soprattutto per strutturare un programma che tenga conto dell’andamento del Capitalismo internazionale alla luce della realtà odierna di un mondo multipolare; deve essere un momento di riflessione per strutturare una proposta efficace alternativa alla legittimazione, da parte della politica istituzionale, della Globalizzazione presentata come fenomeno di interdipendenze pacifiche ma che nasconde, in realtà, l’uniformazione dei processi produttivi, lo scambio deregolato delle Merci, la libera mobilità del Capitale e della mano d’opera e la desovranizzazione degli Stati in favore di un dominio universale dell’Impero statunitense.
Rintracciare i punti centrali della riflessione previana, porre un accento sulla necessità dell’analisi geopolitica dei fenomeni globali e riappropriarci filosoficamente di un’idea di Stato Sovrano come luogo della convivenza pacifica della Comunità, mi paiono dei punti sui quali poter spendere ora, brevemente, alcune ulteriori precisazioni.

II.Globalizzazione, analisi geopolitica ed Imperialismo.
L’analisi rigorosa della Globalizzazione ritengo debba essere un punto di partenza imprescindibile se la si intende però come la forma peculiare dell’Imperialismo statunitense in quest’epoca specifica. Costanzo Preve, in un articolo scritto «a quattro mani» con Luigi Tedeschi, rileva l’utilità di una definizione di Globalità proposta da Bourdieu, utile a porre in evidenza senza molti altri giri di parole, il fulcro del problema: «La nozione polisemantica di globalizzazione ha come effetto, se non forse come funzione, di nascondere nell’ecumenismo culturale o nel fatalismo economicistico gli effetti dell’imperialismo e di far passare un rapporto transnazionale per una necessità naturale». In altre parole: non solo la Globalizzazione non è un fenomeno che ha chiuso le porte ai conflitti imperialistici propri della tragica storia del Novecento, ma è essa stessa una mutazione dell’Imperialismo ma  adeguata al presente storico. È di fondamentale importanza – aspetto che non sottovaluta affatto a mio avviso Costanzo Preve – tener presente che, allo spostamento progressivo di pezzi sempre maggiori di Sovranità ad organismi sovranazionali privi di alcun controllo democratico, non è corrisposta la disintegrazione dello Stato come luogo strategico inserito in un contesto politico e in un territorio ben definito. Se l’idea assistenziale del Welfare è stata progressivamente abbandonata (e talvolta rigettata integralmente dai commissariamenti oligarchici del Governo Monti e del Governo Letta), è bene ricordare che lo Stato non si tira indietro di fronte alle  funzioni diplomatiche, strategiche, geopolitiche e, in casi eccezionali, dall’avventurismo militare organizzato e guidato dalla NATO.
Tra le tante indicazioni teoriche prodotte, questo porre l’accento su questioni specifiche legate al rapporto che passa tra geopolitica e strategie militarti su scala internazionale, fa di Preve senza ombra di dubbio uno dei pochi filosofi contemporanei a ritenere lo studio della Geopolitica strettamente connesso all’analisi filosofica del presente. «Gli USA sono un impero mondiale, e si muovono in base a pure considerazioni geopolitiche»iii – dichiarava dopo l’annuncio della barbara uccisione del Colonnello Gheddafi alle porte di Sirte; martirio reso possibile da un’operazione militare in campo aperto e non certamente per l’azione isolata di fantomatici ribelli libici, come ci è stata raccontata dal circo mediatico televisivo e giornalistico. I bombardamenti a tappeto sulle città libiche, motivati da non ben definite invettive umanitarie che non hanno mai trovato alcun riscontro con i fatti (in linguaggio previano potremmo parlare di demonizzazione preventiva preliminare al bombardamento etico), servirono esclusivamente ad allargare il controllo statunitense sul Nord Africa e acquisire la gestione del ricco suolo libico. In sostanza: una vittoria di Stati Uniti e Francia ed una doppia sconfitta italiana per aver, in primis, legittimato impietosamente questa carneficina ed in secundis per aver combattuto contro interessi strategici nazionali che avremmo dovuto almeno tutelare non rendendoci coprotagonisti di un’avventura coloniale in piena regola.
Avere i giusti strumenti teorici per analizzare il presente, significa anche e soprattutto non trascurare l’analisi dei fattori geopolitici che innescano l’interventismo umanitario; una mobilitazione che non di rado stravolge gli equilibri di interi continenti e mette in discussione la stabilità e la convivenza pacifica dei popoli in molte zone del mondo (e ciò che accade oggi in Libia, a due anni dalla morte di Gheddafi, è un limpido esempio di quanto certi stravolgimenti seguano logiche totalmente autonome ed estranee alle nostre «pretese democratiche»). È importante, a mio avviso, tenere presente questo ruolo primario che assume la Geopolitica nel complesso pensiero di Preve.
Assumendo queste coordinate di partenza, la resistenza del popolo siriano in favore del legittimo governo di Assad, la peculiare via al Socialismo intrapresa dal benemerito e compianto Chavez in Venezuela, l’Antimperialismo dell’Iran felicemente incarnato nei mandati presidenziali di Ahmadinejād, sono scelte strategiche da difendere e che devono essere assunte a paradigma di riferimento per opporci concretamente alle forme più aggressive che assume l’Imperialismo, talvolta celate dal gigantesco apparato massmediatico embedded.

III.Individui e Comunità.
Ultima questione che vorrei porre in evidenza del complesso dottrinale di Costanzo Preve e che a mio avviso deve servirci come linea guida verso un impegno che sia al contempo politico e filosofico, è quella relativa all’opposizione ferrea alle derive individualiste nella sfera personale. Come fa notare Preve «l’avvento della Globalizzazione ha generato un individualismo egoista dagli orizzonti sempre più ristretti», situazione favorita, a mio avviso, dalla gestione politica volta alla disgregazione del Welfare. L’introduzione del lavoro precario e la flessibilità, infatti, gettano l’essere umano in una condizione di perpetua incertezza ed insicurezza. Si deteriorano le fondamenta sulle quali sono stati edificati gli Stati nel Novecento, e con esse anche la stabilità dei rapporti umani (problema ampiamente affrontato dal sociologo Zygmunt Bauman introducendo il concetto di «liquidità»).
A questa situazione dominata dall’incertezza, Preve oppone come ricetta che si è costituita, soprattutto nei suoi ultimi anni di impegno filosofico, sopra una rilettura della prospettiva filosofica Comunitaria. È evidente come questa strada sia stata intrapresa da Preve nella speranza che qualcun altro potesse portarla avanti dopo i suoi preliminari studi. «Sarei allora già contento che fosse un buon saggio “battistrada” di futuri lavori che si muovessero in questa direzione […]»iv – scrive infatti in Elogio al Comunitarismo.
Gli ultimi anni di Preve, culminati nell’imponente opera di revisione filosofica Una nuova storia alternativa della Filosofia, possono essere riletti alla luce del tentativo di ricostruzione dell’intera tradizione filosofica occidentale sulle base della categoria di Comunità. I presocratici e le loro dottrine, sarebbero quindi tutti momenti particolari di un unico grande problema, quello del ristabilimento del fondamento della Comunità, culminato nella tradizione greca con Aristotele che ripropone una visione comunitaristica della convivenza umana, quella dell’uomo misura di tutte le cose, ma essenzialmente comunitario e capace di linguaggio, azione, e capacità di calcolo (rispettivamente politikòn zoon e zoon logon echon). Il nucleo del comunitarismo previano verte, inoltre, sulla figura centrale del Marx filosofo (non ridotto a mero economicismo, ma riletto alla luce della grande tradizione idealistica tedesca). Nel Marx di Costanzo Preve, lontano anni luce da qualsiasi ortodossia politica od ideologica, troviamo il tentativo di perseguire il sogno di una «Comunità ideale» in grado di cancellare l’alienazione che rende impossibile all’essere umano il raggiungimento della propria natura libera e creatrice. Questa liberazione è possibile a patto che si combattano le derive individualistiche delle Democrazie globalizzate e le «malattie» di forme deviate di Comunità (la forma collettivista burocratizzata, lo statalismo basato sulla componente etnica e lo statalismo nazionalista).
Si deve combattere per l’affermazione di uno Stato sovrano sulle proprie decisioni politiche, che sia al contempo Comunità di persone che si riconoscono in una Tradizione, in una Lingua ed in una Cultura comune da tramandare. È evidente come questa rifondazione sia al contempo politica ma soprattutto antropologica.
A mio avviso ci dobbiamo porre nella condizione di poter dare risposte a questa sfida e ad alcuni degli interrogativi che rimangono senza risposta nel complesso filosofico previano; consapevolezza che, tutto sommato, era dell’autore stesso. Andare sino in fondo, «andare oltre» toccherà ad ognuno di noi, «ad ogni singolo lettore».
i Grande Antologia Filosofica, 1976, vol. XXV.
ii Intervista di Maestri&Compagni sull’endiade Filosofia/Capitalismo.
iii Costanzo Preve, in EURASIA, rivista di studi geopolitici, Brevi considerazioni dopo la morte di Muammar Gheddafi, 2011
iv Costanzo Preve, Elogio del Comunitarismo.
v  Costanzo Preve, Una nuova storia alternativa della Filosofia, p. 517, 2013.

 http://www.statopotenza.eu/9588/la-passione-durevole-per-la-filosofia

venerdì 6 dicembre 2013

VILA I FRID, COSTANZO PREVE



 
Den italienske marxisten Costanzo Preve representerade på många sätt det goda och fruktbara i den marxska idétraditionen, och visade hur det kunde utvecklas i en riktning förenlig med eurasianism och kommunitarism. Preve fokuserade på arvet från antika filosofer och Hegel hos Marx, och vände sig mot idealiseringen av 1968 och fixeringen vid en alltmer föråldrad distinktion mellan ”höger” och ”vänster”. En logisk följd av detta var att han saknade ”beröringsångesten” hos många andra marxister, och inte hade några problem med intellektuella samarbeten med bland annat Claudio Mutti och Alain de Benoist. För den socialist som rör sig i riktning bort från Mona Sahlins tänkande och närmare den fjärde position som skisserats av bland annat Dugin och de Benoist är Preves tänkande intellektuellt sprängstoft, även många i den radikala högern har haft stort utbyte av det.

"He was an excellent Italian Marxist intellectual with a positive attitude to eurasianism and 4PT. Great loss. Constanzo Preve? – Presente! " Alexander Dugin

Preve gick bort den 23 november i år, men för den som är intresserad av hans intellektuella arv finns det mycket av värde på internet. En hel del av det är på italienska men det finns idag översättningsverktyg på internet som gör att detta inte är något egentligt hinder. [...]

Miguel Martinez betonar i en artikel om den nyligen bortgångne tänkaren att han var en sann borghese, alltså en borgare. Men då på samma sätt som Mozart och Goethe var borgare, och Berlusconi inte är det. Det är kort sagt ett klassiskt bildningsideal som avses. Martinez noterar också hur Preve inte var en del av den officiella radikala vänstern i Italien, och hur hans val av en kyrklig begravning var en symbolisk bekräftelse av det. [...]

" Truly he was a man beyond his time and one of the last true philosophers of the continental Europe." - Eurocontinentalism

Av intresse är även Andrea Virgas artikel om Preve, där han fokuserar på den kommunitaristiska sidan i hans tänkande. Denna sida förbinder honom uttryckligen med en längre europeisk tradition som går tillbaka åtminstone till de gamla grekerna, och hans förening av kommunitarism och kommunism gör honom till en originell och intressant tänkare. [...]

Europa och den marxistiska idétraditionen har förlorat en kreativ och värdefull tänkare, men mycket tyder på att hans tankar kommer att leva kvar och inspirera nya generationer.


Oskorei, Identitär Indo-Europeisk Traditionalist

  Costanzo Preve è mancato

 

 Enrico Vigna

Con queste poche righe riteniamo doveroso ricordare la figura e l’impegno di Preve, un uomo e un intellettuale sempre coerente e fermo nelle sue idee e nelle battaglie a fianco dei popoli aggrediti.
Per noi legati alla battaglia per la verità e la giustizia per la Jugoslavia, egli è stato sempre ed inequivocabilmente al nostro fianco dal primo giorno, dalla prima ora dell’aggressione. Un ricordo personale è legato in particolare al “Tribunale R. Clark per i Crimini di guerra della NATO in Jugoslavia” ed alla costituzione del Comitato Italiano per la Difesa di Slobodan Milosevic, che in perfetta solitudine costituimmo con Fulvio Grimaldi, Aldo Bernardini ed il sottoscritto. Si era nel 2001, e pochi erano gli intellettuali e studiosi che si sbilanciavano in modo aperto e senza timori su temi così “ politicamente non corretti ” ; ebbene quando personalmente telefonai per contattare Preve, non ci fu un solo secondo di esitazione, non volle nemmeno avere prima il testo dello statuto, mi disse: “ Per una battaglia di questo genere, io ci sono comunque…Aderisco! ”. E da quel momento in tutte le serate, iniziative, conferenze Costanzo c’era, con la sua persona, con la sua altissima dialettica, la sua lucidità di denuncia; con il suo “ Bombardamento etico”, un testo che chiunque intende affrontare il nodo delle guerre dovrebbe avere in tasca  e nella testa. E’ stato per noi non solo un aiuto, ma qualcosa di più, che i fautori delle “guerre umanitarie”, delle aggressioni ai popoli, non avevano.
Ancora pochi mesi fa, l’ultima volta che lo vidi, nonostante fossero chiari i problemi di salute e la stanchezza, chiedeva, si informava sulla situazione nei Balcani, in Kosovo.
Per noi che da ventidue lunghi anni ci battiamo e solidarizziamo con i popoli aggrediti della Jugoslavia, così come dell’Iraq, della Libia ed oggi della Siria,        Costanzo Preve ci mancherà.

Enrico Vigna per Associazione SOS Yugoslavia-Kosovo Metohija e Forum Belgrado Italia
24 Novembre 2013

martedì 3 dicembre 2013

Piangiamo Costanzo che vivendo ci fu caro, piangiamo la sua memoria, ma... Venturi non immemor aevi.

 
Piangiamo Costanzo che vivendo ci fu caro, piangiamo la sua memoria, ma... Venturi non immemor aevi.



Il cartiglio sullo stemma di uno del martiri della Rivoluzione napoletana del 1799, Gennaro Serra di Cassano,   reca una scritta che, per la sua espressione incipitale (Venturi), sollecita a proporne la lettura (o la rilettura) anche  a tutti gli estimatori e amici di Costanzo:

                                                        Venturi non immemor aevi

[Non immemor, Non immemore / Aevi (genitivo di aevus, aevi; età, vita, epoca, periodo della storia passata, esistenza, speranza o durata della vita umana) / Venturi (genitivo di venturus, venturi; venturo, futuro; come sostantivo neutro venturum, venturi: il futuro)].

Vi si esprime l’esigenza di saldare il passato al futuro e il futuro al passato. Il futuro che si riverbera così nel passato, come il passato  – quasi transitando per il presente – attende, a sua volta, la sua ventura rammemorazione, orientando il futuro stesso. Come se il futuro svernasse nel passato, raccogliendo le aspettative e le speranze sinora inascoltate in vista della loro realizzazione.
E dunque, caro Costanzo, “ad multos annos” per i semi che ci hai lasciato: questo è il mio augurio, per una nuova (tua e nostra) “avventura” (nel senso etimologico della parola) che occorre desiderare (avventura, l’andare verso le cose future, ad ventura), aspirando e impegnandosi sempre a dare un senso alla propria vita proiettandola nell'altrove della "buona utopia", che è assoluta negazione dell'indeterminato capitalistico, una concreta "utopia comunitaria" perseguita secondo itinerari da inventare, progettare, non immemor aevi venturi. E' questa la sostanza della "passione durevole" che a partire da Lukács ci hai trasmesso.


                                                                                                      Carmine Fiorillo




“Noi piangiamo i morti, non come morti, ma come stati vivi; piangiamo quella persona che fu viva, che vivendo ci fu cara, e la piangiamo perché ha cessato di vivere, perché ora non vive e non è. Ci duole, non che egli soffra ora cosa alcuna, ma che egli abbia sofferta quest’ultima e irreparabile disgrazia (secondo noi) di esser privato della vita … noi piangiamo la sua memoria …”.
                                                                           Giacomo Leopardi, Zibaldone, 9 aprile 1827.


Ma ...

"Felice il tempo nel quale la volta stellata è la mappa dei sentieri praticabili e da percorrere, che il fulgore delle stelle rischiara. Ogni cosa gli è nuova e tuttavia familiare, ignota come l'avventura e insieme certezza inalienabile. Il mondo è sconfinato e in pari tempo come la propria casa, perché il fuoco che arde nell'anima partecipa all'essenza delle stelle; come la luce del fuoco, così il mondo è nettamente separato dall'io, epperò mai si fanno per sempre estranei l'uno all'altro. Perché il fuoco è l'anima di ogni luce, e nella luce si avvolge il fuoco. Così ogni atto dell'anima riceve un senso e giunge al compimento entro questa duplicità: esso è compiuto nel senso e compiuto per i sensi, è perfetto perché l'anima riposa in se stessa mentre muove all'azione; è perfetto, ancora, perché il suo agire si stacca da essa e, fattosi autonomo, perviene al proprio centro e si iscrive in un suo conchiuso ambito".

                                                                                               György Lukács, Teoria del romanzo

[“Il romanzo è la forma dell'avventura [...]; il suo contenuto è la storia diun'anima che si mette in cammino per conoscersi, che cerca l'avventura permettersi alla prova, per trovarvi, confermando se stessa, la propriaessenzialità”].



lunedì 2 dicembre 2013

Per l'amico Costanzo Preve. Un ricordo personale

di Luca Grecchi

Ho dovuto attendere un po’ di giorni, dopo la morte di Costanzo, prima di poter scrivere qualche parola.Troppi sono i ricordi che si affastellano, ma che quasi sfuggono. Lo avevo visto un mese prima che morisse, e chiamato una settimana prima; nulla lasciava presagire quanto accaduto in un tempo così rapido. Mi dicono che anche la sera precedente, pur sofferente, fosse abbastanza lucido.



In questi giorni ho potuto appurare,in rete e nei tanti messaggi pervenuti al sito di Petite Plaisance, la stima e l’affetto di cui godeva; anche tanti attestati di amicizia, sebbene per lui i veri amici – come soleva dire – si potevano contare sulle dita di una mano. Ho letto parole molto belle, e sintesi ottime della sua personalità filosofica, come quella prontamente composta dall’amico Diego Fusaro. Come molti sanno, è praticamente in stampa per Petite Plaisance un volume collettaneo, a cura di Giacomo Pezzano ed Alessandro Monchietto, con vari saggi sul suo pensiero, per il quale ho realizzato la postfazione (che ricostruisce, sul piano delle reciproche influenze teoriche, i dieci anni abbondanti del nostro rapporto). Ho inoltre realizzato una sintesi teorica del suo discorso nella introduzione ad uno dei suoi libri a mio avviso migliori, Lettera sull’umanesimo; ribadisco, tuttavia, che il discorso di Costanzo, per la sua ampiezza e la sua ricchezza, non si può sintetizzare, in quanto i suoi libri meritano di essere letti tutti dal primo all’ultimo, poiché in ciascuno diessi si impara qualcosa di nuovo.

In questa sede non voglio affrontare questioni teoriche, né stilizzare un medaglione filosofico. Per anni abbiamo affrontato decine di questioni nei nostri incontri, nelle telefonate, e in introduzioni, recensioni, postfazioni che reciprocamente ci siamo dedicati. Ora che non c’è più vorrei solo, in questa lettera che idealmente gli sto inviando – quasi per mostrargli che non sono andate perse, per me, nemmeno le piccole cose –, salvare qualche ricordo. Poiché inoltre, in vita, è stato circondato dalla fama di avere un brutto carattere – oltre che da altre sciocchezze infamanti, che non reputo nemmeno di commentare –, mi pongo qui anche lo scopo di restituire una verità biografica, ossia che Costanzo Preve è stato (almeno negli anni in cui io l’ho conosciuto) una persona buona. Del resto, la ricerca della verità, che non è mai disgiunta dalla ricerca del bene, è sempre stata il fine ultimo della sua vita: per questo siamo rimasti amici senza mai avere uno screzio – anche se spesso, sul piano teorico, ci siamo reciprocamente criticati. In questo senso, ma direi in molti sensi, Costanzo era come Socrate, contento se qualcuno lo “purificava” con la critica. Di quanti importanti docenti accademici, con cui pure sono in rapporto da anni, mi piacerebbe poterdire la stessa cosa…

Lascio spazio ai ricordi. Tralascio la storia del nostro incontro e della nostra prima conoscenza, che ho esposto già nella introduzione e nella postfazione sopra citate. Vado a ruota libera,ma dico subito che il ricordo più bello è quello dei nostri incontri ad Alessandria, stazione di mezzo fra Torino e casa mia, in cui per anni ci siamo ritrovati io, lui ed Alessandro Monchietto (l’amico da Costanzo più amato). Questi incontri si sono col tempo un po’ diradati per le varie vicissitudini di salutedi Costanzo, tanto che la “sede” si è poi trasferita a Torino, a casa sua o nel “solito bar” – come dicevamo –, quello in cui sono girati alcuni dei suoi video con Fusaro. Ogni volta che ci si trovava era comunque una festa; capivamo bene perché il termine theoria, in greco, significava anche “festa”…

Mantenevamo sempre le stesse abitudini. Costanzo diceva scherzosamente che eravamo “tradizionalisti”, anzi “conservatori”. Stesso orario, stessa pasticceria fino alle 12, poi stessa pizzeria fino alle 14,30, quando io riprendevo il treno per tornare, e loro l’auto in direzione opposta. Ogni volta, appena arrivato, Costanzo ancor prima di salutarmi estraeva dalla borsa le cose che aveva scritto nei mesi precedenti (quelle che non mi aveva ancora spedito per posta), richiedendo il mio commento rigorosamente nei giorni successivi; poche persone avevano questo privilegio di avere le sue anteprime, scritte con la famosa macchina da scrivere con correzioni a mano, e per me era un piacere adempiere al compito. Altre volte era un libro già edito che ci donavamo, sempre con affettuose dediche reciproche.

Costanzo soffriva di diabete, e ci spiaceva prendere la brioche insieme al caffè, ma lui diceva che era tale la gioia di stare con noi, che la rinuncia non gli pesava; in quei giorni comunque, a pranzo, sgarrava un po’, ma non avevamo il coraggio di rimproverarlo. Tendenzialmente Costanzo occupava, in quelle ore, il centro della scena, e sia io che Alessandro rimanevamo spesso ad ascoltarlo (a meno che si discutesse di un mio libro, allora il dialogo si faceva più serrato); non ci dispiaceva affatto, anzi: ho imparato più in quelle ore di ascolto, che dalla lettura di decine di libri dottissimi.

Costanzo era anche, su alcune cose,un po’ ripetitivo. Uno dei suoi leit motiv – quando lo iniziava io ed Alessandro ci guardavamo, sapendo che lo sfogo di un quarto d’ora gli era necessario – era il racconto del fatto, avvenuto molti anni prima, della rottura (per lui dolorosissima) con Massimo Bontempelli ed il vecchio gruppo di Koinè, che fra le riviste ha sempre sentito come la sua “casa”. Citava spesso, arrabbiandosi, anche una rispostaccia che mi diede in una lettera Severino, sebbene ogni volta sbagliasse l’espressione da lui usata, ed io lo correggevo. Ma non portava assolutamente rancore. Sarebbe stato pronto a riallacciare rapporti con chiunque, anche con chi lo aveva offeso ed umiliato, se avesse ritenuto quei rapporti ancora filosoficamente fruttuosi.

Il fascino della persona di Costanzo derivava, oltre che ovviamente dalla ampiezza della sua cultura filosofica (sempre concreta), soprattutto dal suo rigore morale. Era assolutamente incapace di mentire, ma soprattutto attribuiva ai suoi gesti ed alle sue parole una grande consapevolezza; se faceva un complimento, lo faceva in modo meditato,così come se faceva una critica. Con noi giovani, poi, aveva uno squisito atteggiamento di “cura educativa”; anche quando doveva criticarci, lo faceva sempre in modo rispettoso, senza ferire, sempre trattandoci alla pari (anche ses u molti temi le sue competenze, e la forza del suo pensiero, ci sovrastavano). Tra noi, infatti, non contava chi aveva ragione, ma il raggiungimento della verità; non contava chi fosse “il più bravo”, perché la filosofia è una attività comunitaria, in cui “si vince” solo insieme, ossia quando si giunge ad un accordo veritativo dopo avere bene indagato (o si mantiene il disaccordo, ma avendo chiari i termini del contendere).

Un altro degli aneddoti che ricordo è quello della sua amicizia con Norberto Bobbio. Pare che una volta, proprio a casa di Bobbio, per elogiare il talento previano, l’anziano professore gli disse: “Costanzo, Costanzo, ma è una cosa incredibile che tu sia fuori dall'università!”: E lui – con quella ironia che a volte mi faceva venire le lacrime agli occhi dalle risate – ci confessò di aver pensato: “E allora fai qualcosa, con quel nasone!” (ma a Bobbio era molto affezionato, e ne parlava sempre con rispetto).

Il tema della università, ossia di non avere mai fatto parte di quel mondo, non lo tormentava. E’ sempre stato contento di avere fatto il professore di Liceo, che – come diceva semprescherzosamente – “è pur sempre meglio che lavorare”. Gli dispiaceva per noi giovani, i suoi amici, se non ne facevamo parte. Ricordo che l’unica volta che mi presentai ad un concorso di dottorato, a Padova, senza passare nemmeno lo scritto, pianse per quella che riteneva una ingiustizia, “perché tanti leccaculo che non valgono niente sono dentro, e tu sei fuori!”. Fortunatamente,ho fatto in tempo a dirgli di avere iniziato a collaborare con la cattedra di Storia della filosofia della facoltà di Psicologia dell'Università Statale Bicocca di Milano, notizia che Costanzo aveva accolto con enorme entusiasmo, perché – soprattutto negli ultimi anni – quando a qualcuno di noi accadeva qualcosa di bello, era felice come e più che se la cosa fosse accaduta a lui. Non era un “padre” nei nostri confronti, ma un “fratello maggiore”, che ci voleva bene e che cercava, pur lasciandoci liberi, di evitarci errori.

Fino al 2011 Costanzo ha scritto molto, moltissimo, oltre cinquanta libri ed un numero enorme di articoli; fino ad un paio di anni fa ciò che gli stava più a cuore era che tutti i suoi inediti fossero pubblicati. Negli ultimi tempi, però, non lo diceva quasi più, in quanto sapeva che i tenutari di questi inediti – io ed Alessandro Monchietto (anche se non escludo che qualcosa sia tuttora in mano ad altre persone, perché per Costanzo non esisteva un copyright delle idee filosofiche: accettava anche, quasi senza arrabbiarsi, che altri utilizzassero le sue idee senza adeguatamente citarlo) –, in caso di sua morte, avrebbero mantenuto la promessa di pubblicare tutto ciò che mancava; di noi si fidava ciecamente, e sapeva per questo di poter stare tranquillo.

Qualcuno ha criticato Costanzo per aver scritto troppo, anche su riviste o case editrici cosiddette “di destra” (le polemiche da ciò suscitate hanno portato ad un indebito “schiacciamento” politico della sua posizione filosofica, che emerge anche in questi ricordi in internet). Tante volte ne abbiamo parlato, ma su questa cosa non accettava consigli; diceva anzi: “il saggio è bello o no? E allora: meglio che sia uscito su questa carta considerata impura, o se fosse rimasto nel cassetto?”. Tante volte io ed Alessandro – ma non solo – gli abbiamo sconsigliato alcune uscite su temi politici controversi, ma lui riteneva che una argomentazione, se aveva il suo valore, andava esposta comunque, anche andando incontro alle critiche del politically correct “di sinistra”; solo esponendola, infatti, essa avrebbe contribuito al dialogo, e pertanto alla verità.

Gli incontri con Costanzo erano sempre caratterizzati da progetti.  Negli ultimi anni si interessava soprattutto ai nostri, in quanto dopo il 2008, con la scrittura della sua Una nuova storia alternativa della filosofia,uscita poi nel 2013, era consapevole di avere esposto il coronamento di cinquanta anni di studi, un testo destinato a rimanere nel tempo. Quando, telefonicamente, lo sentivo giù – e negli ultimi tempi talvolta capitava –, gli dicevo sempre: “Costanzo, ricordati di quello che hai fatto, che ciò che hai scritto ha un valore enorme, che hai realizzato qualcosa di straordinariamente utile per tutti”. Quando sento docenti che non valgono un unghia di Costanzo rivolgere critiche – senza, ovviamente, mai argomentarle – a questo libro, mi limito a sorridere. 

La consapevolezza che la sua vita aveva avuto un senso ed un valore importanti, lo ha accompagnato negli ultimi anni; con noi lo diceva: “Sono contento della mia vita, ho fatto quello che volevo: scrivere di filosofia, diventare un filosofo”. La sua ultima intervista, rilasciata nella sua casa di Torino circa un mese prima della sua morte, uscirà a gennaio 2014 nel prossimo numero di Koinè, che sarà intitolato appunto Senso e valore della filosofia; la rivista ospiterà anche quello che, almeno a mia conoscenza, è stato il suo ultimo scritto, ovvero una lunga recensione di 15 pagine al libro, da me composto con Carmine Fiorillo, intitolato Il necessario fondamento umanistico del“comunismo”.

Negli ultimi due anni, più degli incontri – a causa della distanza geografica che ci divideva – erano frequenti le telefonate. Alcuni amici mi dicevano spesso di averlo sentito piangere al telefono, per la depressione di cui soffriva, acuita dai vari problemi di salute. Con me non è mai capitato. Si faceva forza, ma non perché sentiva una qualche forma di “soggezione” nei miei confronti (tra i giovani amici ero comunque “il più vecchio”), bensì – penso – per una forma di cura nei miei confronti, come se non volesse farmi preoccupare, quasi per lasciarmi scrivere più tranquillo. Per Costanzo era infatti importante soprattutto quello che rimaneva da fare, da scrivere; non rileggeva mai i suoi libri, bensì pensava sempre al libro successivo, di cui io ed Alessandro Monchietto eravamo pressoché sempre,negli ultimi 6-7 anni, i primi lettori.

Mi congedo allora con il ricordo non della nostra ultima telefonata, ma della penultima. Ci eravamo visti due giorni prima. Ricordo esattamente le sue parole conclusive. Mi disse: “Luca, ricordati sempre che io ti voglio davvero bene”. Ed io, un po’ imbarazzato, per una certa difficoltà ad esprimere i sentimenti che da sempre mi caratterizza: “Sai che vale anche per me”. E lui di nuovo: “No, forse non hai capito. Devi ricordarti che io ti voglio davvero bene”. Ed io ancora: “Ti ringrazio Costanzo, lo sai…”.E lui, un’ultima volta: “No no, io voglio essere sicuro che hai capito che ti voglio davvero bene”. Ed io, allora, l’ho rassicurato, questa volta un po’ commosso.

Caro Costanzo, voglio salutarti così, con una delle tante cose che ho imparato da te. Mi ricordo quando mi hai detto che i Greci, quando devono salutare un amico che non vedranno per un po’ di tempo, non stanno ad esprimere lungamente i propri sentimenti, ma usano queste parole: “le cose note…”. Permettimi allora, come i nostri amati Greci, di salutarti così, con queste tre parole; quelle cose note che non potremo più dirci, ma che, come sai, conoscevamo bene.