domenica 8 dicembre 2013


La «passione durevole» per la Filosofia.
Un bilancio politico e filosofico dell’eredità previana.

Guido Bachetti. Laureato in Lettere e Filosofia all’Università di Bologna. Laureando alla magistrale di Scienze Filosofiche nella medesima Università.

Costanzo-Preve 

I.Introduzione
Con la morte di Costanzo Preve perdiamo il più grande filosofo italiano vivente. Questa considerazione principale, per nulla lusinghiera od emotiva ma figlia di un’analisi oggettiva della decennale opera del Professore, deve necessariamente essere il punto di partenza per lo studio di quanto egli ci ha donato come eredità intellettuale. Un lascito enorme che affonda le sue radici nell’interpretazione comunitaria dell’antichità filosofica greca, passando per la grande tradizione idealista tedesca con Fichte, Hegel e Marx.
La notizia della sua dipartita, nonostante fossimo consapevoli che il maestro aveva problemi di salute, ha preso alla sprovvista tutti i suoi affezionati lettori, me compreso. Dopo l’incredulità che generalmente segue le notizie dolorose ed inattese, ho ricordato le parole di Friedrich Nietzsche nell’Aforisma 125 de La gaia Scienza, pensando che fossero assolutamente profetiche e calzanti alla storia intellettuale del filosofo torinese: «[...] A questo punto il folle uomo tacque, e rivolse di nuovo lo sguardo sui suoi ascoltatori: anch’essi tacevano e lo guardavano stupiti. Finalmente gettò a terra la sua lanterna che andò in frantumi e si spense. Vengo troppo presto – proseguí – non è ancora il mio tempo. […] Fulmine e tuono vogliono tempo, il lume delle costellazioni vuole tempo, le azioni vogliono tempo, anche dopo essere state compiute, perché siano vedute e ascoltate»i.
Le azioni vogliono tempo per essere comprese, le idee hanno bisogno del tempo giusto e delle condizioni storiche e sociali adeguate alla loro piena comprensione. Forse, come si dice in genere per i grandi autori del passato, Costanzo Preve ha bisogno ancora di tempo per essere filosoficamente compreso dall’Accademia e soprattutto dagli Intellettuali, il gruppo dominato della classe dominante, come si riferiva ad essi riprendendo una definizione del sociologo francese Bourdieu. Partendo da questa prima considerazione è tristemente comprensibile come la grande produzione del filosofo piemontese sia stata, in tutti questi anni, posta talvolta sotto un silenzio studiato ed essenzialmente ideologico, e talvolta abbandonata all’oblio dell’indifferenza. Costanzo Preve era consapevole di avere un’impalcatura filosofica non vendibile, ideologicamente non cooptabile all’interno di strutture politiche organizzate e gruppi di Potere. Partiti, Giornali, Università assumono intellettuali che hanno un Capitale Culturale da vendere sul Mercato, quando questo «bagaglio» è inutilizzabile, il proprio pensiero «non serve a niente […]. Non serve a Marchionne ma neppure a Landini»ii – come sosteneva ironicamente il Professore. Il suo lungo «pellegrinaggio politico» iniziato tra le file del PCI negli anni Settanta, proseguito in Democrazia Proletaria fino all’abbandono della Politica militante in senso stretto, deve essere letto, a mio avviso, alla luce di questa assoluta libertà intellettuale sempre rivendicata e mai svenduta per logiche estranee all’attività filosofica.
Ad ogni modo tenendo da parte il commiato di rito ed il dolore che sempre si accompagna alla morte di un grande maestro, la dipartita di Costanzo Preve deve servirci soprattutto per strutturare un programma che tenga conto dell’andamento del Capitalismo internazionale alla luce della realtà odierna di un mondo multipolare; deve essere un momento di riflessione per strutturare una proposta efficace alternativa alla legittimazione, da parte della politica istituzionale, della Globalizzazione presentata come fenomeno di interdipendenze pacifiche ma che nasconde, in realtà, l’uniformazione dei processi produttivi, lo scambio deregolato delle Merci, la libera mobilità del Capitale e della mano d’opera e la desovranizzazione degli Stati in favore di un dominio universale dell’Impero statunitense.
Rintracciare i punti centrali della riflessione previana, porre un accento sulla necessità dell’analisi geopolitica dei fenomeni globali e riappropriarci filosoficamente di un’idea di Stato Sovrano come luogo della convivenza pacifica della Comunità, mi paiono dei punti sui quali poter spendere ora, brevemente, alcune ulteriori precisazioni.

II.Globalizzazione, analisi geopolitica ed Imperialismo.
L’analisi rigorosa della Globalizzazione ritengo debba essere un punto di partenza imprescindibile se la si intende però come la forma peculiare dell’Imperialismo statunitense in quest’epoca specifica. Costanzo Preve, in un articolo scritto «a quattro mani» con Luigi Tedeschi, rileva l’utilità di una definizione di Globalità proposta da Bourdieu, utile a porre in evidenza senza molti altri giri di parole, il fulcro del problema: «La nozione polisemantica di globalizzazione ha come effetto, se non forse come funzione, di nascondere nell’ecumenismo culturale o nel fatalismo economicistico gli effetti dell’imperialismo e di far passare un rapporto transnazionale per una necessità naturale». In altre parole: non solo la Globalizzazione non è un fenomeno che ha chiuso le porte ai conflitti imperialistici propri della tragica storia del Novecento, ma è essa stessa una mutazione dell’Imperialismo ma  adeguata al presente storico. È di fondamentale importanza – aspetto che non sottovaluta affatto a mio avviso Costanzo Preve – tener presente che, allo spostamento progressivo di pezzi sempre maggiori di Sovranità ad organismi sovranazionali privi di alcun controllo democratico, non è corrisposta la disintegrazione dello Stato come luogo strategico inserito in un contesto politico e in un territorio ben definito. Se l’idea assistenziale del Welfare è stata progressivamente abbandonata (e talvolta rigettata integralmente dai commissariamenti oligarchici del Governo Monti e del Governo Letta), è bene ricordare che lo Stato non si tira indietro di fronte alle  funzioni diplomatiche, strategiche, geopolitiche e, in casi eccezionali, dall’avventurismo militare organizzato e guidato dalla NATO.
Tra le tante indicazioni teoriche prodotte, questo porre l’accento su questioni specifiche legate al rapporto che passa tra geopolitica e strategie militarti su scala internazionale, fa di Preve senza ombra di dubbio uno dei pochi filosofi contemporanei a ritenere lo studio della Geopolitica strettamente connesso all’analisi filosofica del presente. «Gli USA sono un impero mondiale, e si muovono in base a pure considerazioni geopolitiche»iii – dichiarava dopo l’annuncio della barbara uccisione del Colonnello Gheddafi alle porte di Sirte; martirio reso possibile da un’operazione militare in campo aperto e non certamente per l’azione isolata di fantomatici ribelli libici, come ci è stata raccontata dal circo mediatico televisivo e giornalistico. I bombardamenti a tappeto sulle città libiche, motivati da non ben definite invettive umanitarie che non hanno mai trovato alcun riscontro con i fatti (in linguaggio previano potremmo parlare di demonizzazione preventiva preliminare al bombardamento etico), servirono esclusivamente ad allargare il controllo statunitense sul Nord Africa e acquisire la gestione del ricco suolo libico. In sostanza: una vittoria di Stati Uniti e Francia ed una doppia sconfitta italiana per aver, in primis, legittimato impietosamente questa carneficina ed in secundis per aver combattuto contro interessi strategici nazionali che avremmo dovuto almeno tutelare non rendendoci coprotagonisti di un’avventura coloniale in piena regola.
Avere i giusti strumenti teorici per analizzare il presente, significa anche e soprattutto non trascurare l’analisi dei fattori geopolitici che innescano l’interventismo umanitario; una mobilitazione che non di rado stravolge gli equilibri di interi continenti e mette in discussione la stabilità e la convivenza pacifica dei popoli in molte zone del mondo (e ciò che accade oggi in Libia, a due anni dalla morte di Gheddafi, è un limpido esempio di quanto certi stravolgimenti seguano logiche totalmente autonome ed estranee alle nostre «pretese democratiche»). È importante, a mio avviso, tenere presente questo ruolo primario che assume la Geopolitica nel complesso pensiero di Preve.
Assumendo queste coordinate di partenza, la resistenza del popolo siriano in favore del legittimo governo di Assad, la peculiare via al Socialismo intrapresa dal benemerito e compianto Chavez in Venezuela, l’Antimperialismo dell’Iran felicemente incarnato nei mandati presidenziali di Ahmadinejād, sono scelte strategiche da difendere e che devono essere assunte a paradigma di riferimento per opporci concretamente alle forme più aggressive che assume l’Imperialismo, talvolta celate dal gigantesco apparato massmediatico embedded.

III.Individui e Comunità.
Ultima questione che vorrei porre in evidenza del complesso dottrinale di Costanzo Preve e che a mio avviso deve servirci come linea guida verso un impegno che sia al contempo politico e filosofico, è quella relativa all’opposizione ferrea alle derive individualiste nella sfera personale. Come fa notare Preve «l’avvento della Globalizzazione ha generato un individualismo egoista dagli orizzonti sempre più ristretti», situazione favorita, a mio avviso, dalla gestione politica volta alla disgregazione del Welfare. L’introduzione del lavoro precario e la flessibilità, infatti, gettano l’essere umano in una condizione di perpetua incertezza ed insicurezza. Si deteriorano le fondamenta sulle quali sono stati edificati gli Stati nel Novecento, e con esse anche la stabilità dei rapporti umani (problema ampiamente affrontato dal sociologo Zygmunt Bauman introducendo il concetto di «liquidità»).
A questa situazione dominata dall’incertezza, Preve oppone come ricetta che si è costituita, soprattutto nei suoi ultimi anni di impegno filosofico, sopra una rilettura della prospettiva filosofica Comunitaria. È evidente come questa strada sia stata intrapresa da Preve nella speranza che qualcun altro potesse portarla avanti dopo i suoi preliminari studi. «Sarei allora già contento che fosse un buon saggio “battistrada” di futuri lavori che si muovessero in questa direzione […]»iv – scrive infatti in Elogio al Comunitarismo.
Gli ultimi anni di Preve, culminati nell’imponente opera di revisione filosofica Una nuova storia alternativa della Filosofia, possono essere riletti alla luce del tentativo di ricostruzione dell’intera tradizione filosofica occidentale sulle base della categoria di Comunità. I presocratici e le loro dottrine, sarebbero quindi tutti momenti particolari di un unico grande problema, quello del ristabilimento del fondamento della Comunità, culminato nella tradizione greca con Aristotele che ripropone una visione comunitaristica della convivenza umana, quella dell’uomo misura di tutte le cose, ma essenzialmente comunitario e capace di linguaggio, azione, e capacità di calcolo (rispettivamente politikòn zoon e zoon logon echon). Il nucleo del comunitarismo previano verte, inoltre, sulla figura centrale del Marx filosofo (non ridotto a mero economicismo, ma riletto alla luce della grande tradizione idealistica tedesca). Nel Marx di Costanzo Preve, lontano anni luce da qualsiasi ortodossia politica od ideologica, troviamo il tentativo di perseguire il sogno di una «Comunità ideale» in grado di cancellare l’alienazione che rende impossibile all’essere umano il raggiungimento della propria natura libera e creatrice. Questa liberazione è possibile a patto che si combattano le derive individualistiche delle Democrazie globalizzate e le «malattie» di forme deviate di Comunità (la forma collettivista burocratizzata, lo statalismo basato sulla componente etnica e lo statalismo nazionalista).
Si deve combattere per l’affermazione di uno Stato sovrano sulle proprie decisioni politiche, che sia al contempo Comunità di persone che si riconoscono in una Tradizione, in una Lingua ed in una Cultura comune da tramandare. È evidente come questa rifondazione sia al contempo politica ma soprattutto antropologica.
A mio avviso ci dobbiamo porre nella condizione di poter dare risposte a questa sfida e ad alcuni degli interrogativi che rimangono senza risposta nel complesso filosofico previano; consapevolezza che, tutto sommato, era dell’autore stesso. Andare sino in fondo, «andare oltre» toccherà ad ognuno di noi, «ad ogni singolo lettore».
i Grande Antologia Filosofica, 1976, vol. XXV.
ii Intervista di Maestri&Compagni sull’endiade Filosofia/Capitalismo.
iii Costanzo Preve, in EURASIA, rivista di studi geopolitici, Brevi considerazioni dopo la morte di Muammar Gheddafi, 2011
iv Costanzo Preve, Elogio del Comunitarismo.
v  Costanzo Preve, Una nuova storia alternativa della Filosofia, p. 517, 2013.

 http://www.statopotenza.eu/9588/la-passione-durevole-per-la-filosofia

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