L’eredità di Preve. Note filosofico-politiche
ad un mese dalla sua morte
I Compagni di Comunismo e Comunità
Un mese fa, il 23 Novembre, Costanzo Preve ci ha lasciati.
Il laboratorio politico-culturale
Comunismo e Comunità
rimane orfano di quello che a tutti gli effetti possiamo definire come
un padre culturale, un riferimento costante, un compagno di strada e un
Filosofo
di alta levatura e dalle geniali intuizioni, con cui ogni confronto era
indirizzato alla ricerca della verità. Insieme abbiamo percorso un
cammino comune che per molti affonda le sue radici ormai 12-13 anni fa.
Preve è stato fino alla fine elemento attivo nell’opera di elaborazione
del laboratorio culturale e ad esso, pur con le contingenti differenze,
sentiva di appartenere.
Non tutti lo abbiamo conosciuto nello stesso momento storico, non
tutti con la stessa intensità e con lo stesso rapporto personale, ma
tutti quanti possiamo dire con certezza di averne tratto lezioni
fondamentali per la formazione di ciascuno di noi.
Preve credeva fermamente nella necessità di riaffermare con vigore
un’alternativa profonda alla società capitalistica contrapponendosi sia
alle teorie del disincanto e della fine della storia sia alle
elaborazioni consolatorie ed autoassolutorie in merito al fallimento
storico dell’esperienza dei socialismi reali. L’allontanamento di Preve
dagli ambienti culturali della
sinistra radicale (ambiente in
cui era nato e cresciuto) è avvenuto a partire dagli anni ’90 per una
doppia e insanabile contrapposizione. Da un lato una contrapposizione
filosofica nei confronti dell’ortodossia marxista in tutte le sue
varianti per via delle ricadute nichilistiche, relativistiche e
meccanicistiche delle sue espressioni più rigide. Da un altro lato una
contrapposizione radicale filosofica e culturale nei confronti
dell’ambiente genericamente definibile come “sinistra”, contrapposizione
maturata per via dell’allontanamento sempre più flagrante negli ultimi
30 anni di tale ambiente dalle sue ragioni e idealità originarie. Preve
sosteneva che la sinistra in quanto tale aveva cessato di esistere come
soggetto portatore di una critica radicale del capitalismo nel momento
di rottura della vecchia società borghese arcaica e conservatrice. Lo
spartiacque storico sarebbe quindi stato il 1968, inquadrato, nei suoi
termini simbolici, come momento di transizione da un capitalismo
conservatore ad un capitalismo integralmente liberalizzato.
A seguito di tali rotture filosofiche e culturali e proprio in virtù
di queste, Costanzo Preve aveva radicalizzato negli ultimi anni il suo
anticapitalismo e la sua critica profonda della società contemporanea.
Interprete originale del pensiero di Marx, Preve ne ha enfatizzato
nella sua opera, gli elementi di continuità con il pensiero greco e con
l’idealismo classico tedesco rintracciando più in generale nella storia
della filosofia occidentale un filone di lungo periodo (una tradizione
di lunga durata) caratterizzato dalla ricerca di pratiche di
ricomposizione
comunitaria a fronte del disfacimento individualistico e crematistico del mondo.
Del resto, tutta la ricostruzione della storia della filosofia
occidentale ha trovato in Preve elementi di forte peculiarità. Due sono,
in particolare, i tratti essenziali di tale approccio.
In primo luogo Preve ha utilizzato, in continuità con le intuizioni
di Lukacs e dunque nell’alveo di un marxismo non economicistico (dove
tuttavia permane la preminenza logica degli elementi strutturali su
quelli sovrastrutturali), il metodo della deduzione sociale delle
categorie del pensiero. In contrapposizione agli approcci manualistici
di storia della filosofia che inquadrano le diverse teorie filosofiche
come frutto casuale di intuizioni personali (nate dallo stupore per il
mondo), la deduzione sociale delle categorie del pensiero interpreta il
pensiero filosofico come risposta ai caratteri fondamentali delle
società (non solo quelli puramente economici) in cui si sviluppa e
nasce. Tale genesi schiettamente sociale e storica non conduce in alcun
modo alla negazione dell’esistenza della verità in senso universale (che
infatti Costanzo affermava con convinzione).
In secondo luogo, Preve reimposta il pensiero filosofico occidentale
nella sua evoluzione storica lungo una dicotomia peculiare, contrapposta
tanto agli approcci dominanti della “filosofia come atto puramente
individuale destoricizzato”, quanto alla lettura marxista ricorrente che
retrodata all’intera filosofia occidentale le categorie di idealismo e
materialismo.
Secondo Preve esiste, invece, nel lungo cammino intercorrente tra il
pensiero filosofico greco e quello contemporaneo, una filosofia della
dissoluzione sociale contrapposta ad una filosofia della ricomposizione
sociale e
comunitaria,
riflessi di vere e proprie impostazioni e pratiche politiche (il
legislatore Solone, ad esempio, inteso come filosofo per eccellenza
della ricomposizione comunitaria). Le filosofie ricompositive, in
contrapposizione con l’individualismo de-socializzato delle filosofie
dissolutive, avrebbero come base genetica la necessità umana di
riordinare e riumanizzare contesti sociali disintegrati dallo
scatenamento delle forze del denaro e della disuguaglianza. Ed è in
questa lunga tradizione filosofica che va da Platone e Aristotele, passa
per la filosofia medioevale e si estende fino all’idealismo classico
tedesco, che si colloca, secondo Preve, l’essenza del pensiero di Marx.
Al netto della sua polemica anti-idealistica e anti-filosofica
(figlia del positivismo e delle sue degenerazioni scientiste), Marx
sarebbe a tutti gli effetti un filosofo della ricomposizione comunitaria
inserito in una tradizione anti-crematistica e “
comunistica” di lungo periodo.
E proprio qui, il Preve storico della filosofia, si lega
indissolubilmente al Preve filosofo che afferma l’esistenza della
verità.
In decisa e intrasigente contrapposizione ad ogni forma di
relativismo e di pensiero debole, Preve credeva che la filosofia fosse
la pratica della continua ricerca della verità. L’uomo, i suoi bisogni e
le sue necessità realizzative, hanno per Preve un carattere conoscibile
ed universale e dunque è possibile affermare che l’uomo possiede una
propria natura specifica, una sua ontologia che travalica i dati
puramente biologici.
Il tentennamento del pensiero di Marx su questo punto, seppur
giustificato dalla necessità di polemizzare con i tentativi della
filosofia borghese di imporre un concetto proprietario di natura umana,
secondo Preve, avrebbe lasciato spazio a ricadute relativistiche e
nichilistiche, ben espresse ad esempio dallo storicismo assoluto.
Cogliendo invece il carattere di lungo periodo del pensiero di Marx,
inserito nella lunga tradizione filosofica della ricomposizione sociale e
comunitaria, Preve fissa l’elemento che deve fungere da base comune di
tutta la filosofia anti-crematistica: l’affermazione di una natura umana
sociale e politica, potenzialmente solidale (seppur in modo dialettico e
complesso) come dato ontologico stabile, immodificabile e non
relativizzabile.
Così facendo, Costanzo ha posto il suo stesso pensiero entro la tradizione di lungo periodo della
ricomposizione comunitaria.
La sua è una filosofia della verità. E’ una filosofia del
solidarismo sociale
come dato imprescindibile di realizzazione della natura umana in tutta
la sua completezza. E’ una filosofia umanistica, radicalmente
anti-crematistica (e dunque anticapitalistica) e necessariamente
polemica con il proprio tempo.
Un’impostazione che ha trovato nella vita di Costanzo una chiarissima
traduzione politica che lo ha portato a schierarsi sempre a favore di
una società radicalmente diversa da quella attuale (così intrisa di
nichilismo, anomia, ingiustizia e derealizzazione dell’uomo). E che lo
ha portato a collocarsi sempre dalla parte dei subalterni, degli
aggrediti e degli ultimi senza mai cadere tuttavia, forte della propria
capacità di discernimento, in pauperismi sociologici o in
pseudo-universalismi (mascherati magari da internazionalismo) che hanno
portato tanti ad abbracciare universalismi deboli e pericolosi quali i
diritti umani globalizzati o i diritti a priori del popolo o delle
masse contro i governi o i dittatori di turno.
Una difesa degli oppressi e delle ragioni di fondo di una società
fortemente solidaristica (comunismo, socialismo), quella di Preve,
fortificata quindi da un’intelligenza politica e da una lucida analisi
sociologica e geopolitica.
Oggi, ad un mese dalla morte del nostro amico, ci sentiamo di
ricordarlo così, riaffermando l’essenziale del messaggio filosofico e,
quindi, politico da lui lasciato e da tanti ereditato.
Ogni altra considerazione sulle sue scelte filosofiche specifiche e
sulle sue posizioni politiche contingenti sarebbe inessenziale e
richiederebbe un più lungo confronto che con il tempo avremo modo,
ciascuno con le proprie argomentazioni, di fare. Con Preve, infatti,
specie nei tempi più recenti, in diversi casi capitava di non trovarsi
pienamente d’accordo su alcune posizioni politiche e con alcune scelte
di metodo. Le ragioni del disaccordo spesso andavano ricercate nella sua
vena polemica (a volte fino all’estremo) che rasentava il gusto della
contraddizione e dello stupore dell’interlocutore. In altri casi
andavano invece rintracciate nell’impropria radicalizzazione pratica di
alcuni spunti teorici di fondo corretti e pienamente condivisibili. Tale
lato caratteriale, con i suoi inevitabili risvolti politici, è stato
senza dubbio enfatizzato dall’isolamento di Costanzo come pensatore nel
panorama dei filosofi marxisti. Come riportato di recente in un ricordo
scritto da Sergio Cararo della rete dei comunisti (che abbiamo avuto
piacere a leggere) la colpa di tale isolamento è stata anche di chi
avrebbe potuto e dovuto, senza rinchiudersi nella gabbia, prestare
ascolto ai numerosi aspetti di critica radicale della sinistra sollevati
da Preve, prendendoli non come elementi di deviazione da un’ortodossia
di costume, ma come spunti serissimi e costruttivi di cambiamento.
Al netto di tutto questo, Costanzo Preve ha tracciato una strada
fecondissima, che difficilmente potrà essere ignorata da chiunque abbia
realmente a cuore le sorti di questa disastrata umanità in tempi così
cupi e apparentemente così poveri di speranze di cambiamento.
La strada è aperta, il cammino da percorrere è lungo.